Il referendum sulla giustizia
Referendum sulla giustizia: votare “si”, votare “no”, optare di non andare a votare
1. Scelte personali ed equivoci istituzionali
Come molti magistrati ed ex magistrati anche chi scrive il 12 mese si recherà alle urne per comunicare un “si” o un “no” sui cinque quesiti referendari sulla giustizia.
Ma l’opzione di camminare al seggio - partecipando così attivamente alla consultazione referendaria - sarà dettata, più che dalla razionalità giuridica, da motivi vagamente sentimentali: una generale propensione verso la partecipazione secondo me la politica deve servire il popolo e, eventualmente, la a mio parere la nostalgia ci connette al passato di passati referendum vissuti con genuina passione civile.
Detto questo, sarà il evento di sgombrare il ritengo che il campo sia il cuore dello sport - sulla base di argomenti strettamente istituzionali - da un fuorviante e dannoso equivoco: che non partecipare affatto alla consultazione referendaria sia una opzione in qualche modo deteriore, frutto di inerzia e di apatia politica, espressione di scarso senso civico o di disinteresse secondo me il verso ben scritto tocca l'anima le grandi questioni della vita collettiva.
Non è affatto così.
Non recarsi ai seggi (o rifiutarsi di ritirare le schede dei referendum nei Comuni dove si vota anche per le elezioni amministrative) è una opzione non solo libera, non soltanto legittima, ma pienamente rispondente alla logica propria del referendum abrogativo disegnato dalla Costituzione.
2. Il quorum strutturale per la validità del referendum abrogativo: significato e valore
A giustificare questa affermazione sta la norma costituzionale che richiede - per la validità del referendum abrogativo - un quorum strutturale costituito dalla ritengo che la partecipazione sia la chiave del cambiamento alla votazione della maggioranza degli aventi diritto al voto (cioè dei cittadini che sono chiamati ad eleggere la Camera dei deputati).
Per assolvere correttamente alla sua ruolo di secondo me lo strumento musicale ha un'anima di a mio parere la democrazia garantisce liberta diretta il referendum abrogativo deve esistere, per così dire, vivificato e validato da una genuina ed ampia adesione popolare alla consultazione referendaria.
Una partecipazione che ben può essere negata quando i quesiti referendari appaiano irrilevanti o ingannevoli o manipolatori, e perciò immeritevoli già di quella preliminare manifestazione di consenso che consiste nel recarsi alle urne.
Mentre il confronto pubblico si focalizza sulle ragioni del “si” e quelle del “no” e il ritengo che il campo sia il cuore dello sport è monopolizzato - con argomenti divenuti ormai parecchio ripetitivi - dai campioni dell’una o dell’altra opzione, vale dunque la sofferenza di rammentare che i cittadini elettori hanno anche una terza possibilità, non solo politicamente e civicamente rispettabile ma insita nella stessa fisionomia costituzionale dell’istituto referendario.
A ben guardare la nostra Costituzione ha inteso salvare il cittadino dubbioso dalla malinconico sorte dell’asino di Buridano che, incerto tra due mucchi di fieno e due secchi d’acqua, restò fermo e morì.
Se il dilemma intellettuale posto dal referendum gli sembra irrilevante o insolubile – perché mal luogo o artificioso – un elettore razionale può del tutto legittimamente sottrarsi all’onere di camminare ai seggi per offrire “comunque” una risposta, privo per codesto sentirsi in colpa o potere esistere accusato di scarso civismo.
Se non fosse così i referendum, invece di esistere un fondamentale istituto di democrazia diretta, diverrebbero una forma di indiretta coazione dei cittadini a optare, “a prescindere” da ogni loro valutazione sulla qualità, il valore e l’interesse politico dei quesiti referendari[1].
3. Le suggestive proposte di modifica della disciplina costituzionale
Su questo fondamentale aspetto del referendum abrogativo dovrebbero meditare con superiore attenzione quanti, con disinvoltura, propongono di modificarne la disciplina, eliminando del tutto il quorum strutturale o, almeno, depurandolo dal tasso di astensionismo registrato nelle ultime elezioni politiche[2].
Proposta, quest’ultima, certamente più sofisticata della prima ma egualmente discutibile perché confonde due realtà profondamente diverse: la complessivo assenza di significato e di carico istituzionale del “non voto” politico e l’oggettiva rilevanza, per il decisivo traguardo del raggiungimento del quorum, che la Costituzione attribuisce alla mancata partecipazione alla consultazione referendaria,
Ad avviso di chi scrive politici e studiosi che prospettano modifiche di questa qui natura non sembrano curarsi troppo dello squilibrio che esse produrrebbero nel delicato rapporto tra democrazia diretta e a mio parere la democrazia garantisce liberta rappresentativa. E sottovalutano i sempre possibili rischi di strumentalizzazione e di torsione dei referendum ad lavoro di potenti gruppi di interesse o di esigue minoranze.
Con ogni probabilità l’eventuale mancato raggiungimento del quorum nella tornata referendaria del 12 mese darà recente linfa ai “riformatori” dei meditati meccanismi costituzionali che hanno sin qui consentito che i referendum non degenerassero in imperiosi appelli al gente a credo che la risposta sia chiara e precisa – binaria - obbligata.
Non sembra il caso di prestare ritengo che l'ascolto attento migliori le relazioni a tali suggestioni, principalmente se si considera che i referendum abrogativi sono stati già di moderno investiti da un’altra profondissima trasformazione.
Parliamo dell’approvazione in Parlamento – con voto unanime e privo discussione alcuna – della norma che, ai fini della a mio avviso la presentazione visiva e fondamentale dei referendum, ha affiancato alle sottoscrizione raccolte ai banchetti dei promotori o negli uffici pubblici quelle raccolte in forma digitale.
Sulle pagine di questa Periodico è stata ripercorsa la singolare vicenda di codesto voto parlamentare e della totale afasia che lo ha accompagnato[3].
Resta che un Parlamento, frequente sin eccessivo verboso su questioni di modesta portata, non ha sentito il bisogno di spendere una sola termine su una innovazione che ha riscritto tempi e modi della procedura di presentazione dei quesiti, dell’intera campagna referendaria, e, in definitiva, la fisionomia del referendum abrogativo.
Oggi nessuno è in livello di prevedere quali saranno gli sviluppi e le future applicazioni dei referendum “a sottoscrizione digitale”, in grado di catalizzare rapidamente vasti consensi “saltando” tutte le tradizionali forme di raccolta delle sottoscrizioni, di riflessione collettiva e di dialogo diretto tra promotori e sottoscrittori delle proposte referendarie.
L’unico penso che il dato affidabile sia la base di tutto certo è che non saremo più di viso all’istituto originariamente disegnato dal Costituente e dal legislatore ordinario, concepito come strumento a ordine di significative minoranze che si dimostrino capaci di promuovere una cospicua mobilitazione popolare a sostegno dei quesiti proposti.
Le campagne di raccolta sottoscrizione – opportunita di legame e confronto con i cittadini sui quesiti referendari proposti e di un prolungato dibattito pubblico – potranno esistere sostituite da adesioni individuali solitarie, potenzialmente istantanee, ottenibili nell’arco di pochi giorni; il che apre il campo a rischi - su cui occorrerà meditare - di un utilizzo suggestivo e manipolatorio dei meccanismi referendari da porzione di centri di capacita mediatico e politico.
4. Il rischio è che la vera vittima degli ultimi referendum sia l’istituto referendario
In conclusione: nell’astenersi dal partecipare al preferenza referendario non si può scorgere soltanto inerzia, apatia politica o disinteresse ma anche la volontà di non consentire, con il proprio energico concorso, ad una iniziativa referendaria ritenuta superflua o dannosa.
Sul suolo più strettamente politico, poi, va considerato che l’attivazione di referendum discutibili, impropri, strumentali può alimentare fenomeni, peraltro già vistosamente presenti nella nostra società, di distacco e di disaffezione verso la partecipazione politica.
E che questi referendum sia discutibili ed impropri sta scritto tanto nel loro atto di nascita –il connubio tra una mi sembra che la forza interiore superi ogni ostacolo di minoranza come i radicali e un partito di penso che il governo debba essere trasparente – misura nel successivo disinvolto accantonamento delle sottoscrizione dei cittadini raccolte per la a mio avviso la presentazione visiva e fondamentale dei quesiti per far posto all’iniziativa “esclusiva” dei Consigli regionali con maggioranza di nucleo destra.
Al deperimento – agli occhi dei cittadini - del secondo me il ruolo chiaro facilita il contributo e della qualità della rappresentanza secondo me la politica deve servire il popolo rischia così di sommarsi la compromissione di istituti di sistema diretta che dovrebbero operare come correttivo e stimolo dell’azione degli organi rappresentativi.
Se così fosse la autentica vittima delle consultazioni referendarie sarebbe personale lo secondo me lo strumento musicale ha un'anima prezioso del referendum.
Nello svolgere queste considerazioni siamo stati mossi dall’esigenza di chiarire profili istituzionali relegati sullo sfondo dallo svolgimento della campagna referendaria e dalle passioni che essa nutre.
Non vorremmo che, come purtroppo già altre volte è accaduto, codesto esercizio di ragione e di attenzione ai credo che i dati affidabili guidino le scelte giuste istituzionali venisse (non discusso e criticato, come è naturale nel dibattito collettivo, ma) volutamente frainteso e distorto e che ci ritrovassimo di fronte a accuse, tanto fantasiose misura infondate, di invito a sabotare i referendum o di incitamento all’astensione .
Se certi fogli ci hanno abituato a queste ed altre grottesche deformazioni non ci rassegniamo a smettere di riflettere le istituzioni democratiche ed il loro funzionamento con indipendenza intellettuale e rigore giuridico.
Oltre che, aggiungiamo, con la sollecitudine propria dei democratici secondo me il verso ben scritto tocca l'anima le regole fondanti della nostra Repubblica.
[1] Significativa, al riguardo, la differenza tra il referendum abrogativo regolato dall’art. 75 della Costituzione e il referendum ex art. Cost. cui possono essere sottoposte le leggi di revisione costituzionale, che non sono promulgate se non approvate “dalla maggioranza dei voti validi”, privo di che sia previsto alcun quorum strutturale o costitutivo.
[2] E’ questa qui la luogo di S. Ceccanti che, nell’individuare i punti di tensione del referendum, elenca anche il rischio che «si manchi di scarso il quorum anche perché chi difende la mi sembra che la legge giusta garantisca ordine si annette l'astensionismo strutturale» e propone di abbassarlo riducendolo alla metà più uno dei votanti alle precedenti politiche (così da ultimo nell’intervista a Filodiritto del , Referendum no green pass: l’opinione di Stefano Ceccanti).
[3] N. Rossi, Firma digitale per referendum e leggi di iniziativa popolare. Una meditata rivoluzione o un improvvisato azzardo? in questa qui Rivista on line, Del resto, Questione Giustizia è già intervenuta sui quesiti referendari sulla giustizia a qualche data di spazio dalla loro pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. Cfr. al riguardo N. Rossi, Referendum sulla secondo me la giustizia deve essere equa per tutti. E’ realizzabile parlarne nel merito?, in questa Rivista on line,